Rappresenterà il maggiore investimento della storia del Perù: il costo è stimato in circa 4 miliardi di dollari che non gioveranno di certo all’ambiente. Il mega-progetto intitolato Perù Lng è diviso in due: Camisea I (nei fatti già avviato) e Camisea II, nato per costruire un gasdotto destinato al trasporto dei 600 milioni di barili di gas liquido che si trovano nel sottosuolo dell'Amazzonia nella zona del fiume Camisea. In Amazzonia, a 500 km ad est della capitale Lima, un po' oltre la catena delle Ande si estende l’Urubamba, in una delle foreste pluviali più grandi del mondo. Tra gli affluenti, il Camisea è un corso idrico dalle acque ancora cristalline, che scorre nella zona più nascosta del bacino amazzonico, dove vivono nativi e alcuni gruppi che hanno a dir poco minimi rapporti con le istituzioni.
Una parte dell’area è stata attribuita alle comunità native, mentre un'altra parte è una grande zona naturale protetta. Nonostante questo, sul fiume Camisea si sono spinte pure delle compagnie petrolifere, sia peruviane che internazionali in seguito al rilevamento di riserve di 310 miliardi di metri cubici di gas e di una quantità di gas naturale enorme, pari quasi a 600 milioni di barili, scoperta che ha suscitato l’interesse dell'intero comparto estrattivo della Terra.
Svariate agenzie di credito e d'assicurazione all’export hanno dato sostegno al progetto: l’italiana Sace (una S.p.A. pubblica, controllata di fatto dal Ministero dal Ministero dell’Economia) e la ExIm Bank e l’Inter-American Development Bank (USA) che hanno già dato l’ok per dei fondi di 800 milioni di dollari. La Banca mondiale non poteva restare a guardare di fronte a cotanto progetto: attraverso il suo ramo per i finanziamenti privati, l’International Finance Corporation darà un prestito di 300milioni di dollari al consorzio che farà da costruttore (di cui fanno parte la iberica Repsol e la texana Hunt Oil, già responsabili della realizzazione del devastante progetto Camisea I). Eppure la Ong Amazon Watch solleva vari dubbi per gli imponenti impatti ambientali, spiega i dubbi sulla fattibilità economica del progetto. In un dettagliato rapporto sull'argomento, ha contestato alla Banca mondiale il mancato riscontro sugli impatti sulle popolazioni indigene, per cui non ci sarebbero di fatto proporzionati piani di compensazione e riallocazione. In effetti la Banca Mondiale aveva deciso di non finanziare la prima fase del progetto proprio a causa dei rischi connesso.
Per Camisea II, Amazon Watch ha richiesto consulenza a Glenn P. Jenkins, economista di Harvard: al Perù converrebbe infatti tenersi il gas e quindi non esportarlo in forma liquefatta. E invece l’esecutivo di Lima ha persino mutato la legislazione nazionale per avvantaggiare la riuscita di tutto progetto.
“Comprare armi e distruggere la Foresta Amazzonica, non c’è altra ragione per la Banca Mondiale di partecipare a questo progetto che aumenterà soltanto la devastazione ambientale iniziata da Camisea I” ha affermato Elena Gerebizza, della Campagna per la riforma della Banca mondiale. “Ancora in un'occasione la Banca serve gli interessi del suo principale azionista, il governo degli Stati Uniti, e sacrifica il bene pubblico globale per antonomasia, la Foresta Amazzonica, polmone della Terra e riserva di biodiversità, divenendo complice della sua distruzione, ma anche della violazione dei diritti fondamentali delle popolazioni native che la abitano“.
Quasi metà dei ricavi derivanti da Camisea I e II finanziano di fatto il Fondo per la difesa nazionale, con un vincolo preciso e inderogabile sull’acquisto di armi per l’esercito e la polizia peruviana. Tutto questo mentre l’altra metà va a scuole, ospedali e interventi sociali…
maggiori approfondimenti su
http://www.dalbrasile.com/blog/tag/usa-amazzonia
http://www.brasile-italia.it/sociale/l-amazonia-e-di-tutti-il-petrolio-no
Una parte dell’area è stata attribuita alle comunità native, mentre un'altra parte è una grande zona naturale protetta. Nonostante questo, sul fiume Camisea si sono spinte pure delle compagnie petrolifere, sia peruviane che internazionali in seguito al rilevamento di riserve di 310 miliardi di metri cubici di gas e di una quantità di gas naturale enorme, pari quasi a 600 milioni di barili, scoperta che ha suscitato l’interesse dell'intero comparto estrattivo della Terra.
Svariate agenzie di credito e d'assicurazione all’export hanno dato sostegno al progetto: l’italiana Sace (una S.p.A. pubblica, controllata di fatto dal Ministero dal Ministero dell’Economia) e la ExIm Bank e l’Inter-American Development Bank (USA) che hanno già dato l’ok per dei fondi di 800 milioni di dollari. La Banca mondiale non poteva restare a guardare di fronte a cotanto progetto: attraverso il suo ramo per i finanziamenti privati, l’International Finance Corporation darà un prestito di 300milioni di dollari al consorzio che farà da costruttore (di cui fanno parte la iberica Repsol e la texana Hunt Oil, già responsabili della realizzazione del devastante progetto Camisea I). Eppure la Ong Amazon Watch solleva vari dubbi per gli imponenti impatti ambientali, spiega i dubbi sulla fattibilità economica del progetto. In un dettagliato rapporto sull'argomento, ha contestato alla Banca mondiale il mancato riscontro sugli impatti sulle popolazioni indigene, per cui non ci sarebbero di fatto proporzionati piani di compensazione e riallocazione. In effetti la Banca Mondiale aveva deciso di non finanziare la prima fase del progetto proprio a causa dei rischi connesso.
Per Camisea II, Amazon Watch ha richiesto consulenza a Glenn P. Jenkins, economista di Harvard: al Perù converrebbe infatti tenersi il gas e quindi non esportarlo in forma liquefatta. E invece l’esecutivo di Lima ha persino mutato la legislazione nazionale per avvantaggiare la riuscita di tutto progetto.
“Comprare armi e distruggere la Foresta Amazzonica, non c’è altra ragione per la Banca Mondiale di partecipare a questo progetto che aumenterà soltanto la devastazione ambientale iniziata da Camisea I” ha affermato Elena Gerebizza, della Campagna per la riforma della Banca mondiale. “Ancora in un'occasione la Banca serve gli interessi del suo principale azionista, il governo degli Stati Uniti, e sacrifica il bene pubblico globale per antonomasia, la Foresta Amazzonica, polmone della Terra e riserva di biodiversità, divenendo complice della sua distruzione, ma anche della violazione dei diritti fondamentali delle popolazioni native che la abitano“.
Quasi metà dei ricavi derivanti da Camisea I e II finanziano di fatto il Fondo per la difesa nazionale, con un vincolo preciso e inderogabile sull’acquisto di armi per l’esercito e la polizia peruviana. Tutto questo mentre l’altra metà va a scuole, ospedali e interventi sociali…
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http://www.brasile-italia.it/sociale/l-amazonia-e-di-tutti-il-petrolio-no