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INQUINAMENTO MARINO:
Tuttavia, il 20% delle barriere coralline mondiali sono state effettivamente distrutte, mostrando la mancanza di un’immediata possibilità di essere ristabilite, mentre il 24% del corallo mondiale è sotto imminente rischio di collasso a causa della pressione umana e del riscaldamento globale.Il rischio di estinzione sta crescendo per molte specie, connesso al rischio dovuto all’isolamento geografico e allo sviluppo umano, basso numero di popolazione dell’habitat, alla scarsa tolleranza al cambiamento della temperatura.
- l'azoto, presente come nitriti, nitrati ed ammoniaca, ed il fosforo sono prodotti ultimi della decomposizione e sono importanti per il metabolismo delle specie vegetali. A causa dell'inquinamento umano si può creare un eccesso di questi prodotti che provocano, come l'eutrofia, danni agli organismi marini;
-Attualmente la crescita della Posidonia oceanica è in regresso in molte zone a causa dell'inquinamento, della pesca a strascico, degli ancoraggi e delle alterazioni alle correnti causate dalla costruzioni di barriere artificiali e dei porti.
ALTRE PROBLEMATICHE CHE AFFETTANO IL NOSTRO MARE:
PESCA A STRASCICO
In puglia:
La metà di tutti i pescherecci pugliesi, pratica pesca a strascico, con forti danni all'economia ambientale dei nostri mari.
Pesca a strascico: pericolo numero 1
Sui fondali oceanici vi sono rilievi montuosi, proprio come sulla terraferma. La catena montuosa più lunga del mondo è una catena sottomarina, la Dorsale Medio Atlantica, che si snoda da una parte all'altra del pianeta - dall'Oceano Antartico all'Atlantico - e che è quattro volte più lunga delle Ande, delle Montagne Rocciose e dell'Himalaya insieme.
Le montagne marine sono ecosistemi ricchissimi di biodiversità. Prova a immaginare colorate foreste di coralli, spugne e piccoli crostacei. Molte delle specie che abitano queste montagne non si trovano da nessuna altra parte. E ci sono fondati motivi per credere che la diffusione di alcune di queste specie sia circoscritta anche ad una sola di queste montagne.
La grande industria della pesca commerciale si è purtroppo accorta di quanto siano remunerative le profondità oceaniche, e ha esteso le sue pratiche di pesca insostenibile fino a sfruttare gli abissi incontaminati e le montagne sottomarine, usando una tecnica che si chiama "pesca a strascico". La pesca a strascico è utilizzata anche in fondali meno profondi, a volte con effetti altrettanto devastanti, in particolare quando si esercita su fondali rocciosi o sulle praterie di posidonia.
La pesca a strascico negli abissi prevede che delle enormi e pesanti reti da pesca vengano trascinate lungo i fondali. Le larghe placche metalliche e le ruote di gomma attaccate a queste reti si muovono sui fondali spazzando via qualsiasi cosa lungo il loro percorso. Sappiamo che le forme di vita presenti sui fondali sono molto delicate e reagiscono molto lentamente a questi danni: servono decine, centinaia di anni per un recupero totale, ammesso che un recupero completo sia davvero possibile.
Se non si fa niente per fermarli, i pescatori a strascico distruggeranno moltissime specie prima ancora che vengano scoperte: è come guidare un enorme bulldozer in una foresta rigogliosa e inesplorata e distruggere tutto, lasciando dietro di sé un deserto sterile e senza futuro.
EROSIONE COSTIERA
Il pericolo di erosione delle Coste italiane è sempre più evidente e pericoloso. Circa il 42% dei litorali italiani è interessato dal fenomeno. In Puglia il fenomeno, in termini percentuali, è ancora più grave ed interessa il 65% delle coste, in particolare quelle del Salento. Per intenderci i pugliesi, in 45 anni, hanno perso circa 2 milioni di metri quadri dove poter prendere il sole..
Le cause sono diverse e tutte, o quasi, per mano dell’uomo : edilizia esasperata in prossimità delle coste, sbancamento delle dune, opere di bonifica delle aree costiere e , non ultima, la siccità che non ha consentito ai fiumi il trasporto, in prossimità delle coste, di sabbie alluvionali.
In puglia alcune spiagge in Salento, come Otranto Laghi Alimini, perdono sino a 10 metri di spiaggia ogni anno!!
Una spiaggia è come un organismo vivo, costantemente in evoluzione, sotto l’azione delle onde e delle correnti. C’è da dire che il territorio italiano, specie quello costiero è ormai interamente e intensamente occupato da insediamenti edilizi ed infrastrutturali, talché, spesso, una sia pur minima variazione della linea di riva, anche se conseguenza naturale delle variazioni stagionali o annuali del clima d’onda, richiede pronti interventi di difesa del territorio costiero minacciato e dei beni d’alto valore su di esso presenti.
Infatti, non poche costruzioni, che oggi denunziano i danni consequenziali dell’erosione della costa, sono, in realtà, delle vere e proprie sfide al mare, essendo state realizzate su territorio demaniale, cioè sulla fascia di spiaggia attiva destinata alla naturale oscillazione della linea di riva, secondo i ritmi dettati dall’equilibrio dinamico naturale di spiaggia.
Le cause principali che hanno determinato l’accentuazione dell'erosione della costa sono:
1. decremento generalizzato del trasporto solido da parte dei fiumi;
2. incremento dell’urbanizzazione della costa con distruzione delle dune;
3. realizzazione di opere rigide nei pressi della battigia;
4. incremento delle affluenze turistiche con nuova richiesta d’aree per le attività balneari.
Per quanto riguarda il decremento del trasporto solido dei fiumi, è un fenomeno che in questi ultimi anni sta crescendo in maniera esponenziale. I fiumi nel loro moto trasportano detriti che sono di dimensioni consistenti in prossimità delle zone di montagna, scendendo a valle, il fiume non ha più l’energia necessaria a trasportare detriti di certe dimensioni, che quindi vengono depositati. Questo spiega perché in prossimità delle zone vallive i letti dei fiumi sono caratterizzati da materiale ciottoloso. Il fiume nell’ultimo tratto prima di sboccare a mare ha energia sufficiente a trasportare materiale di piccola dimensione e quindi sabbia e argilla.
In passato i fiumi davano un forte apporto di materiale solido alle spiagge, questi fornivano un naturale ripascimento del litorale. Da un’attenta analisi delle cartografie dei diversi anni è possibile vedere come nei fiumi con portate consistenti si è verificato in prossimità della foce un avanzamento della linea di riva. Oggi non è cosi, e quindi non essendoci un naturale ripascimento della spiaggia per effetto del trasporto solido del fiume, in prossimità di alcune foci , è possibile individuare zone con forte erosione.
I motivi per i quali i fiumi non danno più un apporto di materiale solido alla spiaggia sono molteplici. Primo tra loro è la diminuzione sostanziale delle portate, con la conseguenza di una riduzione del trasporto di sabbia. Un altro aspetto è quello connesso alla realizzazione delle dighe a diversi scopi ( idroelettrico, captazione d’acqua, ecc.) nell’alveo dei fiumi. In tal caso la diga intercetta tutto il trasporto solido di fondo che quindi verrà “intrappolato” a monte della stessa e non arriverà sulla spiaggia. Infine un altro motivo per il quale i fiumi non danno più un apporto di materiale lapideo, è connesso al prelievo incontrollato di sabbia e di inerti che viene eseguito nei letti dei fiumi. Un'altra causa che in questi anni ha determinato l’accentuazione dell’erosione costiera è l’incremento dell’urbanizzazione della costa con distruzione delle dune.
Le dune di sabbia rappresentano una conformazione naturale della spiaggia, che contrasta fortemente il fenomeno di erosione costiera. Per poter rispondere alle esigenze di urbanizzazione della zona costiera, spesso l’uomo commette numerosi errori primo tra essi è la distruzione delle dune di sabbia per rispondere ad una domanda di ampliamento residenziale o infrastrutturale. Ulteriori cause di un aumento dell’erosione, sono sempre connesse all’azione dell’uomo che per rispondere ad esigenze turistiche in alcuni casi trasforma lo splendido paesaggio costiero in una fabbrica di cemento armato, in cui con il passar degli anni il mare “ si vendica” e si riprende tutto ciò che l’uomo ha sottratto alla natura. Per difenderci da erosione costiera utilizziamo spesso opere artificiali come frangiflutti Emergenti e sommersi.
MIGRAZIONI -TROPICALIZZAZIONE
Nel 2100 gli studiosi hanno previsto che se la temperatura aumentasse tra gli 1 e i 7° C, ci sarebbe una vera e propria rivoluzione nella distribuzione delle specie, quasi per tutti i pesci migratori si tatterebbe di un cambiamento in negativo, che potrebbe portare ad una rapida estinzione. Ecco perchè risulta fondamentale ripristinare al più presto gli habitat di queste specie, diminuendo l’inquinamento delle acque e proteggendo dallo sfruttamento della pesca illegale i pesci a rischio.
I mutamenti climatici in corso porteranno la metà dei pesci a Sud a spostarsi nei mari nordici, lasciando semi-vuote le reti da pesca delle popolazioni meridionali del Pianeta.
Esattamente i biologi hanno previsto che ogni dieci anni, la fauna ittica si sposterà di quaranta chilometri verso il settentrione. Ma quali sarebbero le conseguenze di un simile esodo di massa? Alcune sono abbastanza evidenti: i pescatori dei mari tropicali e sub-tropicali avrebbero difficoltà a trovare di che pescare e di che sostentare le popolazioni locali. D’altra parte, con grande gioia dei pescatori del Nord, le loro reti si riempiranno dei pesci immigrati. Ma una contentezza di breve durata anche per loro. Un simile spostamento di pesci nelle acque del Nord sconvolgerebbe irreparabilmente gli ecosistemi marini, con conseguenze irreversibili e gravissime e l’estinzione di numerose specie marine.
Lo spostamento dei pesci porta con sé anche lo spostamento dei predatori, come i calamari giganti che hanno “assediato” le coste della California in estate.
Questo fenomeno ha interessato anche il bacino mediterraneo: Così può capitare di incontrare pesci originari del Mediterraneo meridionale se non addirittura dal Mar Rosso, fino a poco tempo fa completamente sconosciuti da queste parti: Lampughe, Ricciole, Lecce, Pesci Pilota, Pesce balestra e perfino Barracuda bocca gialla lunghi anche 1 metro e mezzo!
È stata così favorita l’introduzione di due specie di barracuda, (Spyraenacrysotaenia e Spyraenaflavicauda), parenti del nostro Luccio di mare, (Spyraenaspyraena), e di tre specie di Ricciola: la fasciata, la atlantica e la carpenteri, ritrovate nel Tirreno meridionale e nel Canale di Sicilia.
A causa della TROPICALIZZAZIONE del mediterraneo, sono giunte nei nostri mari altre specie come il Pesce palla (Sphoeroides cutaneus), o ancora il pesce Balestra (Balistes Carolinensis), il pesce Pappagallo (Sparisoma Cretense) o ancora il nudibranco Melibe fimbriata, o la triglia del Mar Rosso (Upeneus Moluccensis).
INQUINAMENTO DEI MARI e dei FIUMI
Anhe l’inquinamento fa la sua parte. Ecoblog racconta cosa sta succedendo ai pesci del Po:
I pesci del più grande fiume italiano stanno cambiando sesso a causa dell’inquinamento. Nel Po sarebbero infatti presenti grandi quantità di “interferenti endocrini” che vengono ingeriti dai pesci, ripercuotendosi sul loro apparato produttivo. [...]Gli interferenti endocrini sono sostanze di origine sia naturale che sintetica, e comprendono farmaci, fitoestrogeni ed estrogeni, usati per le pulizie nell’industria e come diserbanti, oltre che nella produzione di vernici, plastiche e cosmetici. Sono inoltre presenti nei composti antiaderenti di molti contenitori alimentari, nei ritardanti di fiamma, nei tessuti sintetici e nelle plastiche di computer, televisori e autoveicoli.
Anche l'invasione di meduse, che da qualche anno a questa parte funestano le estati di milioni di persone, sono tutt’altro che un fenomeno naturale. Le cause sono svariate.. A quanto pare le acque si stanno arricchendo di questi animali a causa dei concimi e della pesca indiscriminata.
Nel primo caso vengono messi sotto accusa i fertilizzanti che, dai campi coltivati, finiscono in mare e costituiscono l’alimento ideale per fitoplancton e zooplancton, il piatto preferito delle meduse che vengono, così, attirate e nutrite.
Nel secondo caso, invece, si tratta di pescatori che, senza autorizzazione, sterminano intere colonie di pesci e permettono alle meduse di svilupparsi venendo a mancare i loro predatori naturali.
I pesci contendono il nutrimento alle meduse. I pesci sono oggetto di una pesca eccessiva. Ora quindi le meduse hanno tutto l’agio di banchettare e moltiplicarsi senza dovere fare i conti con rivali.
In particolare, nei mari del Giappone c’è stata un’invasione di meduse che appartengono ad una specie gigantesca, in grado di misurare due metri e di pesare 200 chili.
CAUSE D'INQUINAMENTO DEI MARI
1) scarichi cloacali diretti
Gli scarichi urbani costituiscono il 59,2 per cento delle fonti di inquinamento delle acque. Si può affermare che gli scarichi urbani giungono quasi nella loro totalità al mare in condizioni organiche inalterate e sovente in condizioni di difficile trasformazione. Le acque di scarico non depurate contengono agenti patogeni (parassiti e batteri) e materiali organici che per decomporsi assorbono una notevole quantità di ossigeno.
I batteri aerobi consumano l'ossigeno disciolto nell'acqua per degradare il materiale organico inquinante ma in questo modo creano un ambiente diverso, più povero di ossigeno. Se il corpo idrico ricevente è poco profondo e sufficientemente movimentato, l'ossigeno atmosferico può compensare quello consumato, e l'anidride carbonica prodotta dalla decomposizione può disperdersi nell'atmosfera. Al contrario, se il corpo idrico ricevente è particolarmente calmo o addirittura stagnante, viene consumato più ossigeno di quanto se ne sciolga e si ha un incremento dell'anidride carbonica disciolta. Questa situazione causa la moria di pesci e degli altri organismi che hanno bisogno di ossigeno per vivere, incrementando così la quantità di materia organica da degradare. Gli inerti e i rifiuti di plastica aggravano questa situazione.
La presenza di microorganismi patogeni anche indirettamente dannosa per la salute umana in quanto questi possono contaminare i prodotti della pesca che fanno parte dell'alimentazione umana. I prodotti della pesca provenienti da zone inquinate spesso sono all'origine di epidemie di tifo, colera, salmonellosi e altre malattie infettive, generate appunto dal costante afflusso di rifiuti in mare.
2) a scarichi di rifiuti civili, industriali e agricoli;
Gli scarichi urbani ed extraurbani sono spesso saturi di sostanze tensio-attive (detergenti) utilizzate sia per uso domestico sia industriale. Le sostanze tensio-attive non sono biodegradabili e formano sulla superficie dell'acqua uno strato galleggiante che impedisce lo scambio di ossigeno con l'atmosfera e il passaggio in quest'ultima delle sostanze gassose (anidride carbonica, metano, acido solforico, ammoniaca) che si formano dalla decomposizione delle materie nell'acqua.
Per questo motivo la legge impone che i detersivi siano biodegradabili all'80%.
In Italia il consumo dei detersivi si aggira sulle 500.000 tonnellate all'anno per il solo uso domestico. Ma i detersivi trovano impiego anche nell'industria tessile, nelle industrie alimentari, nelle birrerie, nelle lavanderie, nelle pelliccerie, nell'industria del cuoio, nelle industrie metallurgiche, ecc.
Tra i rifiuti industriali, particolarmente nocivi, sono quelli provenienti da industrie che fabbricano prodotti a base di mercurio o che utilizzano il mercurio nel ciclo di produzione, infatti, il mercurio inorganico contenuto negli scarichi industriali, tende a depositarsi sul fondo di fiumi e laghi e nel mare. I batteri anaerobi lo convertono in metil mercurio il quale causa seri danni al sistema nervoso e al cervello degli animali e dell'uomo, e può provocare anche delle mutazioni genetiche.
La concentrazione di inquinanti può essere ridotta limitandone la produzione all'origine, sottoponendo il materiale a trattamento preventivo prima di scaricarlo nella rete fognaria e recuperando le sostanze che possono essere reintrodotte nei processi produttivi.
Le attività agricole sono un'altra importante fonte d'inquinamento delle acque. I fertilizzanti chimici usati in agricoltura e i liquami prodotti dagli allevamenti, infatti, sono ricchi di sostanze organiche (contenenti soprattutto azoto e fosforo) che, dilavate dalla pioggia, vanno a riversarsi nelle falde acquifere o nei corpi idrici superficiali.
3) a scarichi di oli combustibili provenienti da raffinerie o da lavaggi di petroliere a cui vanno aggiunte le perdite accidentali di petrolio in mare.
La terza causa dell'inquinamento dell'acqua, e quasi esclusivamente delle acque marine, è dovuta agli idrocarburi.
Petrolio ed altri idrocarburi vengono versati frequentemente in mare dalle raffinerie rivierasche, a causa di perdite incontenibili che sono molto piccole se considerate singolarmente ma diventano ingenti quando si protraggono nel tempo. Ed ancora più grave è lo scarico delle acque di lavaggio delle petroliere, eseguito deliberatamente e spesso a poca distanza dalle coste; peraltro queste navi subiscono talvolta incidenti che fanno riversare in zone ristrette quantitativi enormi di petrolio greggio.
Si calcola che in tutto il mondo, lavorando e trasportando petrolio, ne finiscano in mare 1.500.000 tonnellate all'anno.
Nell'acqua gli idrocarburi formano ampie macchie galleggianti che sottraggono l'ossigeno all'ambiente sia perchè il petrolio galleggiante impedisce all'ossigeno atmosferico di raggiungere le acque marine sottostanti, sia perchè i batteri per degradarlo consumano notevoli quantità di ossigeno.
problema forse più grave: PERDITA di MEMORIA
Eppure nessuno si era sostanzialmente accorto di questi dati catastrofici, benché fossero disponibili. Il problema secondo i ricercatori è la costante perdita di memoria. Ogni generazione umana acquisisce conoscenza del mondo e stabilisce di conseguenza quello che è da considerarsi “normale” senza curarsi della memoria di quello che l'ha preceduta.
L'Alosa americana (Alosa sapidissiima) tra il 1887 e il 1997 è crollata e la specie era 10 volte più abbondante nei primi anni di questo periodo che alla metà del secolo scorso. Eppure già negli anni '80 del 1800 la sua popolazione era solo il 10% di quello che era cinquanta anni prima a causa della pesca eccessiva! Che l’Alosa Americana fosse un piatto delizioso lo rileva anche il suo nome scientifico dove “sapidissiima” sta proprio per “deliziosa”.
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